
Ritratto di Francesco Sforza. Francesco Bonsignori. Olio su legno, 1490 circa
Foto: The Granger Collection, New York / Cordon Press
Nella mia relazione sulla via Malvitana del 22 settembre 2023 (vedi link in fondo all’articolo), nel riferirmi alle biografie e agiografie di uomini e santi che passarono sulla via Malvitana ho accennato a Francesco Sforza, primo signore di Milano della dinastia, senza però averne il tempo di parlarne.
Lo faccio sinteticamente qui.
Le fonti da cui attingo queste informazioni sono la biografia di Francesco Sforza, “Rerum Gestarum Francisci Sfortiae”, scritta a Milano dal calabrese Giovanni Simonetta che era suo segretario, e la biografia di Muzio Attendolo Sforza, “Vita di Muzio Attendolo Sforza”, scritta da Antonio Minuti suo uomo di fiducia.
L’episodio che propongo è definito da Amedeo Miceli Di Serradileo in un numero dell’archivio storico per la Calabria e la Lucania del 1993 del tutto sconosciuto alle cronache di storia calabrese.
I fatti: Tra il 1421-1422 Francesco Sforza è in Calabria per sottomettere la regione, per conto di Luigi III d’Angiò, pretendente al trono di Napoli, e in contrasto con gli Aragona. Nel 1422, mentre era accampato con il suo esercito tra Cosenza e Rende in un luogo che controllava l’accesso alla città di Cosenza e la viabilità nord-sud della valle del Crati, i suoi capitani corrotti da Giovanni di Ixarm comandante dell’esercito aragonese in Calabria, disertano portando l’esercito verso il campo degli aragonesi a Casole. Lo Sforza con i pochi uomini ancora fedeli ripara nel vicino castello di Rende a lui fedele e invia dei messaggeri a suo padre Muzio Attendolo Sforza chiedendogli soccorsi, mentre viene preso d’assedio dagli aragonesi e dai suoi ex comandanti. Dopo due settimane, le ex truppe dello Sforza che mostrarono da subito scarso entusiasmo nell’assediare il loro ex comandante, allentarono l’assedio permettendo a Micheletto Attendolo cugino di Francesco, di entrare a Rende con i 400 cavalieri mandati in soccorso dal padre Munzio Attendolo. Francesco libero dall’assedio insegue i traditori riuscendo a intercettarli e catturarli nei pressi di San Marco dove non ascoltando il suggerimento del padre che gli chiedeva di farli morire per impiccagione, li perdonò e li riammise in servizio.
Come facciamo ad essere certi che questi avvenimenti si articolano lungo la via Malvitana? In primo luogo, la certezza che fino alla fine del 1600 la consolare non era in valle, ma alta sul versante idrografico sinistro del Crati. Provato anche dal fatto che sono tanti gli episodi storici che hanno come teatro degli avvenimenti l’asse Cosenza-San Marco. Va anche ricordato che Francesco Sforza era sposato dal 1418 con Polissena Ruffo di Rossano, che gli porta in dote la Contea di Montalto. Quindi non è difficile da comprendere che nel dirigersi verso nord avrà certamente preferito attraversare Montalto di cui era signore. Oltretutto sappiamo dal Minuti che oltre Rende e Montalto, gli sono fedeli anche Cosenza, San Fili, San Marco, Castrovillari, Cassano, ed altre città. Quindi l’asse viario della Malvitana era per lui una via sicura.
La biografia di Francesco sforza non è l’unica a darci prova e testimonianza che la via utilizzata per attraversare la valle del Crati era la via Malvitana. Ne abbiamo decine, dal 1200 al 1600, Federico II, Gugliemo II, Luigi III, d’Angió, Alfonso II d’Aragona, Micheletto Attendolo, ed altri. La Via Malvitana è stata un infrastruttura viaria che porta si il nome di Malvito ma che dal XII secolo ha in San Marco il suo baricentro viario, essendo luogo dove si può scendere agilmente sul Tirreno e al porto di Cetraro (controllato dall’Abbazia di Montecassino), prendere la direttrice verso nord e verso la via Apulia, e/o la direttrice meridionale, verso Cosenza.
Se avrete pazienza nelle prossime settimane vi racconterò di ognuno di loro.

Francesco Sforza a cavallo. 1469. Biblioteca Riccardiana, Firenze
Foto: Fine Art Images / Heritage
Enrico Tassone
https://www.youtube.com/live/l0J5aWQDvVg?si=c-SMU-qaZEoh7H5F