In una pergamena greca stipulata a San Marco il 17 luglio 1088 (conservata nella Biblioteca Apostolica Vaticana – Vat.Lat. 13.489, II, n.7), e pubblicata da Andrè Guillou, si fa riferimento al toponimo ραχαμα-λατζα, Rachama-Latza.
Riporto una parte del testo: “Mauro sua moglie e sua figlia vendono un campo nel territorio di Hagios Markos, di fronte il piccolo Kastellion a Nord, sopra il fiume Pholloune, vicino al luogo chiamato Rachama-Latza e sopra la chiesa di Hagios Sinator, a Papas Leon….”

Atto greco del 1088 Vat.Lat. 13489 II n.7
Nel suo lavoro, Guillou non identifica il toponimo, limitandosi a riportare in una nota un estratto del Saggio di toponomastica calabrese di G. Alessio, che lo definisce di origine araba , vicino alle forme rahal, hameau, e mahalla, che significano un gruppo di case.
Da appassionato di etimologia e toponomastica non potevo accontentarmi. Da un mio approfondimento risulta che il termine Rachama-Latza, (ραχαμα-λατζα) è in realtà Copto. Il copto è una lingua arcaica egiziana che si basa sull’alfabeto greco. Non deve stupire che un toponimo utilizzato nell’agro di San Marco nel 1088 abbia origini Copte, non bisogna dimenticare infatti che intorno al VIII secolo a seguito della lotta iconoclasta dell’Imperatore bizantino Leone III Isaurico, ci sono stati flussi migratori di monaci ed eremiti che arrivano in Calabria dal Sinai, dalla Palestina, e da altri luoghi del Medio Oriente cristiano e si stabiliscono nelle aree non controllate dai bizantini (vedi per esempio il Mercurion). Rachama, ραχαμα è un termine molto utilizzato nell’apocalisse gnostica Pistis Sophia del codice Askew, e viene tradotto con “che abitano in alto”. Il termine Latza è dall’etimologia incerta, ha però come radice λατ che sia in copto che in greco esprime una forma di possesso, (A Coptic Dictionary W.E.Crum 1939). È comune, infatti con il termine greco latron, servo, ricompensa, possessione, latreia, stato di servo, latrios, servile. In latino una possessione è detta feudum, cioè feudo. Quindi Rachama-latza, potrebbe significare un posseso in alto, un feudo alto, o l’abitato alto del feudo, o qualcosa del genere. La radice λατ ha molta familiarità anche con lemmi come latomos, taglio di pietre, latometos, tagliato nella pietra, latomia, cava di pietra. Considerando questo secondo gruppo di parole, Rachama-Latza potrebbe invece significare l’abitato alto tagliato nella pietra, o dove si taglia, o cava la pietra, e mi vengono alla mente le parole di Gabriele Barrio che nel suo De antiquitate et situ Calabriae nel descrivere il territorio di San Marco dice che vi si estrae la pietra da macina, cioè una mola, molarius, molare. Quindi qual è il toponimo corretto, un luogo alto, con possesso o con pietra??? Per me entrambi, e ve lo dimostro su cartografia (vedi immagine)

Individuazione toponomastica su igm 1:25000

Individuazione dei toponimi su foto
La grossa area gialla è il luogo che la descrizione ci dice essere difronte il castello di San Marco (cerchio rosso). Guillou traduce dal greco in francese con vis a vis, faccia a faccia. La descrizione ci dice ancora che il campo è a nord rispetto al castello, ed è sopra il fullone (evidenziato in verde) e sopra la chiesa di Santo Senatore, che è la chiesa dei Martiri Argentanesi. Senatore è uno dei quattro. In realtà ci sarebbe tanto da dire su Santo Senatore e compagni, ma magari un’altra volta. L’area in giallo se notate ancora oggi come allora non ha un toponimo, ecco perché chi ha scritto l’atto (tale Nicola da Cassano che era taboularios, notaio di San Marco), indica che è vicino a Rachama-Latza, che stando alla mia ricostruzione sono i toponimi Molara e Feudo, e che sono alle pendici di Cozzo Chirico, che è oltretutto una collina rocciosa dove probabilmente un tempo sorgeva un piccolo abitato.

Le reliquie dei Santi Martiri Argentanesi
Enrico Tassone